I CIGNI ALLA RISCOSSA SULLE PUNTE
I danzatori di mezza Italia sono in agitazione e
minacciano di incrociare le gambe in occasione delle
riprese delle attività liriche. Da tempo infatti
nell’aria aleggia la minaccia di chiusura dei già esigui
corpi di ballo degli Enti lirici italiani (unici
superstiti quelli della Scala di Milano, dell’ Opera di
Roma e del San Carlo di Napoli). Non è improbabile che
presto cigni, villi e silfidi in tutù danzeranno per le
strade per sensibilizzare l’ opinione pubblica e salvare
il balletto e la danza italiana dall’incuria e dal
disinteresse. Nonostante il parere confortante espresso
trasversalmente da entrambi gli schieramenti politici,
la strisciante minaccia non sembra destituita di
fondamento. Insomma si continua a vedere il corpo di
ballo come un orpello costoso, inutile, invece che come
elemento produttivo per la crescita culturale. Il
danzatore non è difatti solo mano d’opera, ma elemento
essenziale del prodotto artistico. Non si tratta insomma
di difendere solo posti di lavoro, ma soprattutto di un
ricco potenziale artistico essenziale alla sopravvivenza
del grande repertorio ballettistico. Ed una chiusura o
riduzione dei corpi di ballo risulterebbe non meno
criminosa della chiusura delle orchestre sinfoniche Rai
attuata anni fa.
Quello che si richiede è ora una modifica dell’ art.
90 della Finanziaria che dedichi espressamente alle
attività coreutiche parte dei fondi stanziati per
risanare le Fondazioni degli Enti lirici. Adesioni all’
iniziativa di protesta per la salvaguardia del ballo
negli Enti lirici hanno espresso illustri personalità
del mondo dell’arte e della cultura quali Roman Vlad,
Rita Levi Montalcini, Margherita Hack, Maria Luisa
Spaziani, Elisabetta Terabust, Vladimir Derevianko.
Insomma nessuno tocchi Tersicore, il cigno morente.