Francesco Schira
 

Filippo Sangiorgi
   
   
 
 
 
 
 
 
 

FRANCESCO SCHIRA
Operista Europeo

Secondo la storiografia ufficiale all'ombra dei cosiddetti "grandi" non fu prodotto niente di particolarmente originale e significativo nel corso dell'800 Italiano, ma le recenti riscoperte di vari autori trascurati (tipo Manfroce) hanno arricchito la visuale dell'evoluzione di stili e tendenze. Nella vastissima produzione dell'epoca molti autori di rilievo non sono ancora stati rivalutati. Un musicologo inglese considera Francesco Schira uno dei più interessanti compositori Italiani del secondo ottocento e un precursore di Puccini. Nato a Malta nel 1809 da genitori milanesi si trasferì presto nella città lombarda ove dal 1828 al '32 fu allievo di Francesco Basili, un operista di qualche rilievo. Nel 1832 esordì alla Scala con Elena e Malvina su libretto di Felice Romani che ebbe buon'accoglienza. La sua carriera si svolse su scala europea. Nel 1835 è a Lisbona ove mette in scena l'opera buffa Il Fanatico per la musica e nel 1837 I Cavalieri di Valenza su un tema già trattato da Pacini. Nella capitale portoghese svolse l'attività di direttore d'orchestra e, nel '42 a Parigi, frequenta i salotti avvicinando i maggiori esponenti del mondo musicale locale. Scrive romanze che hanno successo e un duetto "versami ancor del vino" dedicato al Principe Belgioso che fece furore. Torna a Lisbona fino al '47. In quell'anno è a Londra dove è direttore d'orchestra al Drury Lane fino al '48 e al Covent Garden dal 48 al '52. Si dedica anche all'insegnamento dando lezioni di canto riscuotendo l'apprezzamento della nobiltà. Scrive le opere Mina (1849) L'orfanella di Ginevra, (1850) e Niccolò de Lapis (1863) che ebbero buon successo e comunque restano nei limiti di un nobile mestiere. Le sue opere più interessanti sono Selvaggia (1875) e Lia (1876) entrambe rappresentate alla "Fenice" di Venezia. Soprattutto Selvaggia destò l'interesse della critica. E' un'opera ambiziosa, spettacolare, ricca di aspetti pittoreschi tradizionali ma anche di brillanti e acute intuizioni. La vicenda si svolge verso il 1530 sullo sfondo delle lotte tra le fazioni locali. La protagonista ha avuto un bambino dal giovane Lamberto che abbandonandola è costretta a subire lo scherno della gente. Nel prologo Selvaggia sogna di essere portata all'altare da Lamberto; é un momento reso con finissima arte. Poi ella prega e al suo canto fa contrasto un coro festoso di gaudenti che stanno facendo un banchetto. Nel preludio al primo atto un organo interno dialoga con l'orchestra creando efficacemente un'atmosfera di spirituale tensione e ricerca interiore. La scena centrale dell'opera è l'incoronazione di Carlo V nella Piazza Maggiore di Bologna, vi si alternano azioni coreografiche di massa, colpi di cannone, una tarantella, una marcia; la scena liturgica in chiesa ha attimi di suggestiva intensità, un bell'effetto originale è creato da un coro misterioso sottovoce. Selvaggia cerca Lamberto tra la folla, lo trova, ma egli le sfugge lasciandola nella disperazione. Ella si aggira nelle vesti di una gitana predicendo il futuro e rievocando l'amore che la rese felice, alternando accenti d'imprecazione a dolce abbandono come un voluttuoso immergersi nella passione amorosa delusa: finzione e realtà si mescolano con notevole vigore espressivo. In particolare "La ballata della gitana" vibra di una sensuale atmosfera vagamente esotica. Riportiamo le parole del recensore della "Gazzetta Musicale" di Milano su questa pagina e altre: "La ballata della gitana" è di fattura magistrale e ricca di bellissimi effetti per il contrasto di sentimenti in essa trattati. Stupendo il duetto tra Selvaggia e Laudamia; la romanza di Lamberto è un gioiello ove al canto melodico più soave si sposa la frase larga, drammatica, vibrata. Il duetto tra Selvaggia e Lamberto è delizioso per onda melodica purissima. Nel finale Selvaggia muore creando un'austera atmosfera trascendente. Anche Lia presenta momenti notevoli. La vicenda tratta di una giovane ebrea perseguitata: Lia ama Rodolfo che sposa Maddalena, li maledice ma poi ne prova rimorso. Di notevole intensità drammatica la scena ove un sacerdote cattolico difende Lia dalla folla che La vuole aggredire. L'atmosfera dominante è lirica introspettiva con accenti di esasperata passionalità. Nel secondo atto l'aria di Lia ''ben giunta o notte" vibra di intima commozione e si collega idealmente a tante altre pagine romantiche ispirate alle tenebre, portatrici di pace, ad esempio "tacea la notte placida" del Trovatore. Nel quinto atto, cinque anni dopo i precedenti avvenimenti Lia ritorna ma è alla fine della sua vita. Durante la festa della mietitura, un'atmosfera di pace agreste pervade l'aria, Lia incontra Maddalena invoca il suo perdono e muore. Accenti romantici tradizionali si fondono con vibrazioni intimiste crepuscolari. Nel quadro generale dell'opera italiana tra 1860 e 1880 Schira appare come un precursore di atmosfere veriste o più propriamente pucciniane per la raffinata struggente malinconia di alcune melodie e situazioni sceniche, alternando momenti di forte drammaticità ed accenti elegiaco meditativi, precorrendo certe pagine di Catalani. Queste due opere presentano affinità stilistiche con lavori di Ponchielli e Marchetti, e rivelano anche suggerimenti dal clima del dramma lirico francese di Thomas e Gounod per talune suggestioni ambientali di alcune pagine di sapore lirico voluttuoso. Al termine della sua attività Schira seppe rinnovarsi e trovare accenti che sembrano percepire l'imminente avvento di una rivoluzione post - romantica che si sarebbe concretizzata entro pochi anni con il verismo. L'inquietudine stilistico espressiva di Selvaggia e Lia è un momento particolare della produzione di quegli anni; si sente nell'aria l'eco del rinnovamento portato dalla Scapigliatura nella cultura e nelle arti. L'apertura verso nuovi orizzonti che ampliano le tematiche dell'opera Italiana e la portano a livello Europeo si ritrovano in Opere come Mefistofele, Amleto di Faccio, Riccardo III di Canepa, Cortigiana di Scontrino, Bianca di Cervia di Smareglia, Demetrio di Raffaele Coppola, sullo stesso tema di Boris Goudnov, Il Mercante di Venezia di Pinsuti. Le ultime opere di Francesco Schira furono scritte su testo inglese come L'isola della bellezza. Fu autore anche delle musiche di sei balli tra i quali Margherita di Normandia. Il fratello Vincenzo morto a Lisbona nel 1857 è ricordato come compositore di musiche per numerosi balli tra i quali Gli Adoratori del fuoco. Schira si spense a Londra nel 1883.
Maurizio Giarda